Suspiria: 2016

Soundtrack

lunedì 26 dicembre 2016

La famiglia Palmer di David Lynch


1990. Twin Peaks ha i suoi momenti di gloria sugli schermi della TV e diventa un successo mondiale. La storia nata da David Lynch e Mark Frost sta ricevendo il degno riconoscimento.
La serie non ha personaggi semplici: sono tutti studiati, ben analizzati, ben formati, diversi da quelli dei soliti telefilm. Sono marchiati da Lynch stesso.
Se troviamo un agente speciale con poteri extrasensoriali, una signora che vaga con un ceppo in mano, una donna instabile che si allena con le capacità fisiche di un uomo e una segretaria sbarazzina e buffa con la voce da infante, troviamo anche la famiglia differente, che diviene una cosa a parte.
La più contorta e analizzata, è proprio la famiglia Palmer.
Laura Palmer, figlia unica, è la bionda giovane donna, ancora ragazzina ma già matura sessualmente e in altri ambiti, la quale rappresenta il personaggio primario di tutta la serie. Problematica, devastata, impura e molto fragile interiormente, Laura è la vittima assoluta, la prescelta, la poi defunta.
Sarah Palmer, madre, è una donna fumatrice e debole, che viene usata, sfruttata e vittimizzata dal suo stesso marito, non avendo mai voce in capitolo. Sarah è buona, Sarah ha visioni paranormali, Sarah è instabile.
Leland Palmer, è un avvocato e padre, un tipo sfizioso, attraente e allegro, ma proprio dietro a queste caratteristiche positive cela dietro un grande segreto.


David Lynch tra dramma e ironia riesce a raccontare il vero terrore che si cela nella vicenda.
Quella descritta da Lynch è una famiglia atipica, stramba e di paese, che nasconde scheletri nell'armadio.
A Twin Peaks ogni famiglia è importante, il suo concetto lo è; noi entriamo nelle dimore di tutti, ci affezioniamo ad ogni singola persona  e respiriamo l'aria di casa.
Possiamo notare i Briggs, che, seppur non avendo dialogo, riescono a mantenere un buon rapporto, soprattutto quello tra padre e figlio (il maggiore e Bobby); gli Hayward, nonostante mantengano riservatezze, sono una vera famiglia modello, probabilmente anche più dei Palmer (difatti, Laura sogna appunto un legame come quello della famiglia di Donna).
I Palmer, all'esterno, appaiono perfetti, senza alcun difetto: la classica famiglia modello americana... che, ovviamente, cela i suoi segreti.
Se da un lato ci sono i momenti gioiosi e i disguidi tipici di una famiglia normale, dall'altro, vengono presentati accaduti peculiari e terrificanti, che non dovrebbero avvenire.
Troviamo l'equilibrio dei Palmer nella scena a tavola, quando madre, padre e figlia cominciano a comportarsi in maniera bizzarra, parlare in norvegese e cantare, per poi ridere fragorosamente.
Momenti in cui la madre chiede cose ordinarie alla figlia, in cui il padre severo osserva quest'ultima mentre parla coi suoi ragazzi. Il bene e la normalità sono lì, concentrati e mai perduti, ed escono fuori in pochi momenti, dove si ritrova la giusta armonia.
Ma la famiglia Lynchana non presenta solo questo, no.
Frost e Lynch hanno creato un connubio tra bene e male e l'hanno messo in atto.
Perché non c'è sempre il sereno.
C'è un buco nero nella famiglia Palmer, un buco che sta inghiottendo tutti, in particolare la giovane figlia. Un intruso spinto nel corpo di qualcun altro che sta svuotando, macchiando e ammazzando la bella, forte ma al contempo fragile Laura.
E si prova disgusto, dolore, sofferenza, nel vedere un padre crear danno così a sua figlia, rapendola e rubandole sé stessa, la sua vita, la sua integrità. Perché Leland è il fulcro del male, perché nonostante ami sua figlia più di ogni altra cosa, si lascia andare, si lascia calpestare per calpestare lei.
E' proprio per questo che Laura brama una famiglia come quella di Donna e, vorrebbe un legame paterno come quello tra Audrey Horne e suo padre Benjamin, perché il suo con Leland è... corrotto, anormale, insano, malato.
Ed è l'oscurità stessa, ad avvolgere casa Palmer: dalle mura che si spostano, dai letti che nascondono entità, dalle ventole che precedono il terrore, dalle finestre che son portali, dalle lenzuola che son testimoni di atti crudi.
E l'armonia viene così cancellata e occultata dal mistero e dal peccato, rendendo la famiglia Palmer, non una semplice famiglia americana, bensì LA famiglia, quella diversa, quella misteriosa, quella tragica.
Perché non c'è sempre il sereno. Perché non c'è sempre la quiete dopo la tempesta.
Perché Laura morirà e nulla si potrà più riparare.

lunedì 19 dicembre 2016

Armin Meiwes- Il cannibale di Rothenburg


Armin Meiwes

Armin Meiwes nasce a Essen, Germania, nel 1961. Egli è nell'esercito in qualità di tecnico informatico, conduce una vita regolare: un uomo comune, se solo non fosse in realtà... antropofago.
Difatti, Armin, dietro quel sorrisetto furbo, cela una gran passione per il cannibalismo. 
Egli desidera mangiare carne umana.
2001. Armin pubblica un annuncio su una bacheca virtuale in internet ,di antropofagi, ''The Cannibal Cafè'', 
Quello che scrive?
''Cerco un uomo ben fatto, tra i 18 e i 30 anni, per essere macellato''.
Una richiesta lontana dall'essere indolore, un qualcosa di diretto, deciso e spontaneo da parte sua.
Dopo aver inserito questo annuncio, riceve tante risposte da tanti interessati, ma il 9 Marzo viene contattato da un quarantenne esperto di computer berlinese, ingegnere elettrotecnico, Bernd Brandes, anch'egli con la medesima passione di Armin, il quale è disposto a farsi macellare e mangiare e che Armin stesso ritiene la sua vittima ideale. 

Bernd Brandes, vittima


Meiwes per l'occasione allestisce anche una stanza e i due concordano nel vedersi a casa sua, a Rothenburg. Brandes sa quale sarà la sua fine e decide di recarsi lì comunque, per dedicarsi letteralmente all'altro. E' il destino che desidera per lui.
Brandes vuole essere mangiato, ma non prima di essere condito in padella con olio, sale, pepe e aglio.
Armin somministra all'uomo una forte dose di sonniferi e alcol e per prima cosa, gli taglia il pene e lo assaggia parlando con Bernd, per poi dare qualche pezzo di carne ai suoi cani.
Decide di lasciarlo dissanguare nella vasca da bagno per ben tre ore! 
Dopo questo lungo tempo trascorso in tranquillità, Armin si mette all'opera e, mentre legge un libro di Star Trek, prima bacia la sua vittima e, successivamente, gli taglia la gola. 
Un ultimo saluto prima di raggiungere la morte.
L'uomo appende il corpo della vittima ad un gancio e comincia a sezionarlo, tagliandolo in due e scegliendo le parti da mangiare per prime. 
Egli congela la carne in frigorifero e seppellisce gli scarti nel giardino. La carne era circa 20 kg e ne mangiò per dieci mesi.

Foto tratte dal video

Stupidamente, Meiwes pubblica un ulteriore annuncio su ''The Cannibal Cafè'' quasi un anno dopo, ma un ragazzo, vista la richiesta, decide di contattare le autorità, sfortunatamente per l'altro. Le autorità si recano a casa di Armin, a Rothenburg e trovano nel frigorifero i resti umani di Bernd Brandes, più una videoregistrazione fatta da Armin stesso, della durata di tante ore, dove viene ripreso tutto il macabro accaduto.
Il cannibale viene arrestato nel 2002, nel 2004 condannato a otto anni di carcere, ma, in seguito, nel 2006 gli viene dato l'ergastolo, a Francoforte, in virtù dell'accusa di omicidio volontario. 
Inizialmente, il cannibale di Rothenburg spiega di non aver nessun rimorso e durante un'intervista, rilascia queste terrificanti parole:''La carne umana ha lo stesso sapore di quella di maiale, è solo leggermente più amara, ma più sostanziosa: è buona davvero". 

"E' una bella sensazione sapere che adesso lui è diventato parte di me". 
Successivamente, amette di provare profondo rammarico per ciò che ha fatto, e in seguito, stando in carcere, diviene vegetariano.
La sua vicenda venne accostata a quella del cannibale Issei Sagawa, il quale ammazzò e si nutrì di una ragazza dell'Olanda.
I Rammstein hanno scritto una canzone ispirata a questo accaduto, che si intitola ''Mein Teil''.




Nel 2006, Marian Dora (già regista del gore Melancholie Der Angel), delizia gli amanti del weird con questa biografia della vicenda tra i due uomini, tra il cannibale e la vittima consenziente.
''Cannibal'' riprende l'omicidio e, inoltre, aggiunge delle ore di amore e sesso tra i due protagonisti, rispettivamente Carsten Frank (nei panni di Meiwes) e Victor Brandl (Bernd Brandes) che interpreta la cosiddetta ''carne'' al macello.
Film molto lento, talmente lento da poter essere descritto come tedioso, ''Cannibal'' ha .una fotografia onirica e acida e presenta un'atmosfera molto areosa.
Degne di nota le scene romantiche tra i due uomini che hanno molto spazio nella pellicola, anche se romanzate un po' troppo. Seppur ci sia del romanticismo, c'è l'equilibrio dato dalle scene gore concentrate nel finale.
Ottima descrizione della storia, una narrazione tutt'altro che prolissa, non munita di alcun dialogo. 
Un film muto indipendente dall'alone onirico, adatto per chiunque voglia andare più a fondo nella storia del cannibale di Rothenburg.


 Poesia (dal punto di vista di Bernd Brandes)

''Cerco ragazzo ben fatto 
tra i diciotto e i trenta,
per essere macellato'',
le parole del Maestro Macellaio.
Capii di esser io il prescelto.
Giunsi da te e ti scelsi,
come tu scegliesti me.

Morii quando mi mangiasti.
Affondai in te e avesti la mia carne.
Morii per essere in te 
e morii,
essendo ormai,
in pace con me stesso,
parte di te.
Ero io il prescelto.




Ora Armin Meiwes è in galera e sta scontando la sua pena. Sarà cambiato? Forse no, forse lo sarà davvero... forse è restato interiormente il cannibale interessante e affascinante che ha spiazzato il mondo o probabilmente, avrà voltato pagina come David Berkowitz, ma niente, niente permetterà al mondo di dimenticare quel terrificante sorriso, pregno di pura perversione.





sabato 19 novembre 2016

Fuoco cammina con me- Perdizione


Era il 1992 quando David Lynch, regista statunitense di classe 1946, sbarcò al 45esimo festival di Cannes con il film prequel della serie madre e di culto ideata assieme a Mark Frost, ''I segreti di Twin Peaks'' (o semplicemente ''Twin Peaks''). ''Fuoco cammina con me'' (titolo originale ''Fire Walk With Me'') non ebbe la giusta visibilità che meritava e venne malevolmente accolto dalla critica, suscitando pareri e recensioni per la maggior parte negativi e sprezzanti. Se si guarda Twin Peaks, si viene catapultati in un mondo permeato da ironia, satira, giallo, dramma, psicologia e thrilling, abituandosi ad esso e innamorandosene completamente come un adolescente alle prese col primo innamoramento; perché è questo quello che significò Twin Peaks per le prime generazioni che videro la sua luce, la prima cotta, il primo sguardo volto alla Luna commuovendosi come il Ciaula di Pirandello, la prima partecipazione dello spettatore a rientrare inconsapevolmente in un ambiente da considerare poi quasi familiare: l'incontro con l'archetipo.
Sebbene le premesse, la serie al suo culmine lasciò tanti quesiti che avevano bisogno di ovvie risposte. I fan, speranzosi, bramavano le risposte che cercavano e pensarono erroneamente che il film fungesse da conoscenza assoluta di ciò che c'è dietro al sipario dello spettacolo di Lynch, rimanendo appunto, delusi. ''Fuoco cammina con me'' appare privo di senso di humour, tetro, presentandosi al pubblico interamente avvolto dall'alone di mistero, attorniato e colmo dentro di macabro: il frutto dell'orrore. Il film non è la fine di una ricerca, ma solo l'inizio dell'apprendimento sull'ignoto; i dubbi non vengono placati, ma raddoppiati, perché ogni opera di Lynch ti tiene per i capelli e ti trascina via verso il trip mentale, allontanandoti sempre più dalla realtà che, un tempo, si conosceva... o si credeva di conoscere.

''Se adesso tu finissi alla deriva nello spazio, pensi che ti fermeresti dopo un po' o cadresti sempre più veloce?''
''Sempre più veloce. Per qualche minuto non sentirei niente di niente, alla fine però prenderei fuoco e arderei in eterno. E gli angeli non mi potrebbero aiutare, perduti anche loro in un grande vortice...''

giovedì 27 ottobre 2016

Laura- Monologo, Omaggio a Twin Peaks



La notte sta passando
ma non mi dà tregua. 
Avrei così tanto da dire...
ma ci sono alcune cose 
che non posso dire a nessuno. 
A nessuno. 
Le voci potrebbero udirmi,
e Lui,
lui potrebbe prendermi. 
Sono così stanca di attendere il mio futuro,
non posso prevenire: 
posso solo andargli in contro.
Dentro sono arida. 
Completamente svuotata come ogni notte
mentre lui è tra le mie gambe, 
rapitore della mia intimità agognata 
e perduta.
Sarò un bel regalo per Satana. 

Le sigarette non sono mai abbastanza,
la nicotina non basta 
per attenuare il dolore.
Ora non vorrei essere me.
Sono avviluppata nei suoni,
anche quest'altra sigaretta 
è ormai finita
sotto la suola delle mie scarpe. 
La realtà fa davvero paura. 
Ho ancora il coraggio d'aver paura. 
Temo solo che la mia anima 
non venga salvata.
Sarà la mia ultima notte
questa sera.
Ho i suoi occhi puntati addosso, 
lo sento vibrare dentro di me
e mi osserva.
BOB sta arrivando. 
Questo è lo scadere del tempo,
e vorrei non essere così...
così sbagliata,
così persa, 
così sporca,
così cattiva...
così Laura. 
Ho sempre pensato alla morte come una compagna
che avrei voluto incontrare. 
Stanotte sarà la volta buona.


giovedì 20 ottobre 2016

Schizophrenia- Monologo


Sono nel buio
mi giro,
mi rigiro e, 
anche se sprofondo nel limbo,
in realtà son sempre qui.
Loro mi chiamano, 
hanno occhi, 
naso e bocca,
hanno un'oscura forma.
Le loro voci 
stanno pronunciando il mio nome
e non posso far altro che scappare
in questo labirinto della mente:
sono sempre qui,
ma sono davvero io?
Mi stanno osservando,
mi scrutano
ma io, li vedo realmente?
Delirio, delirio, delirio.

Lancio gli oggetti che mi capitano a tiro,
Voglio che andiate via.
No, vi voglio qui.
Fatemi compagnia nella notte... creature astratte,
perché la mia anima è tanto, tanto sola. 
 Sto gridando. 
Voglio solo... scomparire. 

Domani pioverà. 
Mi sembra di perdere il senno
o forse,
 l'ho già perduto.
Dio, tu non esisti:
sei solo il riflesso del male dell'uomo.
Quanto vorrei l'amore di qualcuno qui con me...

La verità è che
non posso sfuggire a me stessa. 
Mi guardo dall'alto e 
non sono più io. 
Sono rinchiusa in questa tana 
che mi separa dal resto del mondo,
che mi protegge dall'umano
ma mi porta faccia a faccia
Coi miei demoni.
Mi porta faccia a faccia con... 

La mia mente cede e diventa l'oblio.
Limpida, scarabocchi... cos'ho che non va?
Non c'è motivazione nel mio essere a sé stante, 
come la consapevolezza dell'essere sé. 
L'ombra col suo scuro volto appare,
avvolge le membra e si dispera.
Si dispera con me.
Aiutatemi. 

No... noi non vogliamo il vostro aiuto.
E mi ritrovo a ridere, ridere degli istanti puramente ingenui 
di un'esistenza malridotta.
Delirio, delirio, delirio.
E' solo un universo di segni senza sintomi.

C'è fracasso qui... ma dopo appena poco tempo
sembra apparire il silenzio
e in me tutto viene appurato.
Risalgo dalle acque, riemergo e mi innalzo, 
mi affaccio nel buio
e lì vi brancolo.
Un edificio in demolizione: 
questa è la mia vita.

Sospiro piano e faccio 'ciao' con la mano, 
chiudo gli occhi e mi incammino
ma non so fin dove i miei piedi mi porteranno.
Desidero solo la quiete, 
vorrei non dover soffrire così tanto.
Ma so che non farò ritorno, 
non sola.
Perché non c'è alcuna speranza per me.
Sei qui con me o in me. 
Schizofrenia. 


venerdì 30 settembre 2016

Il dramma di JonBenét Ramsey

JonBenét Ramsey.
Bella e candida, ingenua e ancora fresca, 
pura ma già desiderio di qualcuno. Questo è ciò che era la bellissima 
JonBenét Ramsey, 
splendida bambina di sei anni e 
già reginetta di concorsi di bellezza,
piccolo angelo,
candida anima persa,
strappata troppo precocemente alla vita
e portata con destrezza verso la morte.


 JonBenét Ramsey, nome creato dall'unione dei nomi di suo padre John Bennett Ramsey, nacque ad Atlanta, in Georgia, nel 6 Agosto del 1990.
Jon frequentò la High Peaks Elementary School e seguiva, tramite i genitori, la chiesa locale. Il padre John era un repubblicano e presidente aziendale, mentre la madre Patty era una ex reginetta di bellezza. Il 5 Novembre del 1980, John Bennett e Patricia si sposarono ed ebbero dei figli; JonBenét e Burke Hamilton. JonBenét aveva anche dei fratellastri, John Andrew e Melinda avuti dalla precedente relazione del padre ed Elizabeth, morta anni prima in un incidente stradale. 
JonBenét vantava già di una precoce carriera; il suo curriculum era quello di una professionista e a soli 6 anni era già una reginetta dei concorsi di bellezza. Inoltre, la piccola, seguiva lezioni di violino.
Un piccolo prodigio.

Era la notte di Natale del 1996. La famiglia Ramsey è ad una festa a casa di amici. Alle 22:00 in punto la famiglia torna alla loro casa e Burke e JonBenét vanno immediatamente a letto, a dormire. Patsy e John preparano le valige per il viaggio che avrebbero dovuto fare il giorno dopo. Patsy stava seguendo la chemioterapia per un cancro alle ovaie che le era stato diagnosticato nel '93 e per lei non era un gran bel periodo. La casa dei Ramsey era composta da quindici camere ed era costituita da tre piani e un seminterrato. Nel seminterrato c'era una palestra, la cantina e la lavanderia; al pianoterra c'erano cucina, salotto e altre due stanze, mentre al secondo piano c'erano le camere dei bambini e all'ultimo quella dei coniugi Ramsey. Tutto era collegato da una scala a chiocciola che ogni mattina Patsy prendeva per andare in cucina. 
Quella notte, JonBenét sparì.

Patricia e i suoi due figli, JonBenet e Burke Hamilton.
La notte tra il 25 e il 26, i vicini sentirono l'urlo di un bambino provenire da casa Ramsey, pur se i genitori dissero di non aver sentito nulla e di non aver visto nulla di strano.
Appresero della scomparsa di Benét quando la mattina Patsy Ramsey trovò sulle scale a chiocciola di servizio, alle 5:30, una lettera di riscatto per sua figlia dove si chiedeva di preparare in contanti 118.000 dollari. 
Successivamente si scoprì che la lettera era stata scritta su due fogli strappati da un quaderno appartenente proprio a Patsy, 
Patsy però, pur se nella lettera c'era scritto di non contattare nessuno sennò la bambina sarebbe morta, chiamò il 911 denunciando il rapimento di sua figlia. La somma richiesta ammontava, casualmente, alla somma che John Bennett aveva vinto dalla sua azienda. La polizia ispezionò la casa e non trovò traccia della bambina, né di effrazioni. 


Il contenuto della lettera:

Signor Ramsey, Ascolti bene! Siamo un gruppo di persone che rappresentano una piccola fazione straniera. Rispettiamo il suo lavoro ma non la nazione per cui lo svolge. In questo momento abbiamo sua figlia in nostro possesso. È sana e salva e se vuole che veda il 1997, deve seguire le nostre istruzioni alla lettera. Prelevi 118.000$ dal suo conto. 100.000 devono essere in biglietti da 100 e gli altri 18.000 in biglietti da 20. Si assicuri di portare alla banca una valigetta di dimensioni adeguate. Quando torna a casa metta i soldi in una busta di carta marrone. La chiamerò domattina tra le 8 e le 10 per darle le istruzioni per la consegna. La consegna sarà faticosa per cui le consiglio di essere riposato. Se vediamo che preleva i soldi prima, la chiamerò presto per accordarci su una consegna anticipata e quindi una riconsegna anticipata di sua figlia. Ogni deviazione dalle mie istruzioni causerà l’immediata esecuzione di sua figlia. Non avrà nemmeno i suoi resti per il funerale. I due signori che la tengono in custodia non hanno una particolare simpatia per lei, per cui la avverto di non provocarli. Parlare a chiunque della sua situazione, come alla polizia, all’FBI ecc., avrà come risultato la decapitazione di sua figlia. Se la vediamo parlare anche con un cane, lei muore. Se lei avverte la banca, lei muore. Se i soldi sono in qualsiasi modo segnati o manomessi, lei muore. Può provare a imbrogliarci ma sappia che noi conosciamo molto bene le tattiche e le contromisure delle forze dell’ordine. Ha 99 possibilità su 100 di uccidere sua figlia se tenta di fregarci. Segua le nostre istruzioni e avrà il 100% di possibilità di riaverla indietro. Lei e la sua famiglia siete sotto controllo costante, così come le autorità. Non tentare di fare il furbo John. Non sei l’unico ricco dei dintorni, per cui non pensare che per noi uccidere sia difficile. Non ci sottovalutare John. Usa quel tuo buon senso del Sud. Adesso dipende da te John!
Vittoria!
John Bennett e Patricia Ramsey.

John Ramsey, con degli amici, ispezionò lui stesso la casa e nella cantina trovò il corpo morto della figlia, avvolto in una coperta bianca: la sua preferita.
JonBenét indossava pantaloni bianchi di un pigiama, mutandine bianche, maglia a maniche lunghe e una felpa con paillettes. 
Posizionata supina, nella mano destra era disegnato con un pennarello rosso un cuoricino e sulla bocca aveva del nastro adesivo. 
La piccola era legata con una corda di nylon... 
Le lenzuola erano bagnate poiché la bambina soffriva di enuresi notturna, ma si pensò che probabilmente venne molestata e violentata.
L'autopsia rivelò che la piccola morì per strangolamento e asfissia, avvenuto da dietro come se l'assassino non volesse guardare la vittima negli occhi, e c'era una grande frattura del cranio, un trauma cranico cerebrale.
La garrota con cui la bimba venne strangolata, era avvolto attorno al manico rotto di un pennello appartenente a Patsy e le setole del pennello vennero trovate in una vasca, sempre della madre, dove teneva strumenti per dipingere.
Patsy infatti, in quel periodo era caduta in una forte depressione dovuta al suo cancro. 

giovedì 15 settembre 2016

Ed Gein- La sua storia e la sua influenza cinematografica



Edward Theodore Gein nasce a La Crosse il 27 Agosto 1906, figlio di Augusta T. Lehrke e George P. Gein. Edward fin da subito è vittima di un'infanzia poco felice, di insegnamenti religiosi ossessivi - quella della pazza madre - e della violenza, fisica e sessuale, del padre alcolizzato.
La madre Augusta, donna molto fanatica e austera, manteneva la famiglia  per mezzo di una drogheria e poco dopo comprò una fattoria a Plainfield, nel Wisconsin, conosciuta come ''il buco dello stato'': quella sarebbe stata la dimora dei Gein, nonché luogo dove sarebbero avvenuti, in futuro, gli atti efferati compiuti da Ed. 

Augusta, che era luterana, educò i figli in modo molto severo; li costrinse a vivere in completo isolamento, lontani dai passanti e dal mondo esterno, così che i figli arrivarono a vedere unicamente il volto della madre. Ed e Henry vivevano una vita fatta di casa-scuola e duro lavoro alla fattoria. Tale educazione ebbe un riscontro importante soprattutto nei confronti delle abitudini umane e del sesso femminile. Era un'epoca in cui le cittadine erano tranquille, silenziose, fatta di abitanti con convinzioni e visioni pudiche, avvolte dalle atmosfere caste e cristalline degli anni '40. C'erano, inoltre, enormi tabù sull'immoralità e sulla sessualità, cosa che veniva mal vista.
Il sesso, secondo Augusta, era giusto solamente se si aveva lo scopo di procreare, e impartì ai figli la concezione che tutte le donne, all'infuori di lei, fossero delle prostitute, portandoli ad aver timore di esse: ad avere una vera e totale avversione. E così, si cresceva tra un lavoretto nella stalla, gli studi scolastici e le letture bibliche giornaliere: morte, peccato, la punizione di Dio, l'omicidio, la sessualità... erano tutti elementi ricorrenti dell'antro di repulsione e ostilità che i piccoli Gein erano portati, ormai, a provare.


All'età di dieci anni Ed provò il primo orgasmo vedendo un maiale macellato dai suoi genitori. La perversione sessuale si manifesta già allora, vivente nella repressione. Da adolescente ci fu un episodio in cui il giovane, intento a masturbarsi nella vasca da bagno, venne sfortunatamente, colto in flagrante dalla madre Augusta, che gli afferrò i genitali (li nominò ''la maledizione dell'uomo'') e lo punì gettandolo con forza nell'acqua bollente. A ventun'anni, i figli promisero anche, alla loro madre, di rimanere vergini secondo la sua volontà.
Ed aveva una personalità fragile, instabile, colma di debolezze e sofferenza. Sua madre fu la sua unica gioia, ma anche la sua decisiva rovina.

Fragile, esile, effeminato, debole e timido, Ed diviene vittima dei bulli a scuola e, nonostante ciò, continua ad essere un buon alunno e ad avere buoni voti. Veniva ricordato dalle insegnanti per le sue risate incontrollabili e inappropriate, anche in momenti seri, che avvenivano senza un evidente motivo. Dai cittadini era descritto come una persona amabile, buona e impacciata.
Ci fu poi la morte di suo padre e la situazione a casa si complicò. Il fratello Henry cominciò a dissentire da Augusta, mostrando un indole ribelle: perse la verginità, vide le cose sotto una luce diversa tentando di far cambiare idea anche a Ed, così che anche lui aprisse gli occhi. Era il Maggio del 1944 quando la fattoria fu arsa da un grande incendio di natura sconosciuta. Henry fu trovato morto.
Ed venne interrogato dalla polizia e riferì loro che nel mentre perse di vista il fratello, ma dopo riuscì ad indicare in modo preciso il luogo dove si trovava il cadavere. Henry riportò un trauma cranico, ma venne dato morto per asfissia.
Gein venne sempre sospettato della morte del fratello, che coincideva proprio con la ribellione di quest'ultimo nei confronti di sua madre.
Quella donna veniva vista da Ed come una figura divina, da venerare e seguire, ma al contempo qualcosa in lui la ripudiava: era un rapporto ambivalente di odio-amore.
Dopo due anni dalla morte di Henry giunse il momento anche per Augusta: infatti la donna morì per un ictus nel 29 Dicembre del 1945. Ed rimase, così, solo nella fattoria, avvolto da un immenso dolore.

Un uomo di trentanove anni se ne stava in una fattoria del Wisconsin, in una uggiosa giornata di silenzio, in lacrime come un bambino per la perdita della beneamata madre... ed era ormai solo al mondo. Augusta era l'unica figura importante per Ed, che aveva, secondo gli psicologi, una patologia psicotica nei suoi confronti. La sua morte scatenò in lui una schizofrenia e lo portò ad uno squilibrio mentale. 
Isolato dalla realtà esterna, cominciò a frequentare i cimiteri, profanando tombe e dissotterrando cadaveri; per la maggior parte delle volte erano delle donne di mezza età che gli ricordavano indubbiamente la madre defunta. 
Ed era solito osservare i necrologi e, di quando in quando una persona moriva, correva al cimitero armato di torcia e pala per raccogliere i suoi amati cadaveri. 
Così facendo, credeva di poterli riportare in vita tramite un dono di Dio, o meglio... pensava di poter riportare in vita la madre deceduta. E cosa faceva coi cadaveri? Accessori in pelle umana.
Maschera fatta di pelle umana ritrovata in casa di Ed Gein.

I poliziotti, quando nell'epilogo si ritrovarono in casa di Ed, videro uno spettacolo agghiacciante, talmente tanto da sentirsi male. Lì segnalarono: vasi contenenti quattro nasi e delle vagine;
teschi e ossa;
resti di almeno dieci persone;
un tamburo di pelle;
una cintura costituita interamente da capezzoli femminili;
una decorazione alla camera da letto con dieci teste di donna;
lampade e sedie fatte di pelle umana;
ossa e calotte craniche mutate in scodelle e posate;
labbra per adornare le finestre;
femori usati come le gambe di una tavola;
nove maschere e vestiti in pelle umana.

Gein aveva creato un abito da donna con annesse maschere per cambiare sesso, stravolgendo la sua natura maschile: pensava così, di riportare in vita Augusta diventando lei. Dopo un po', però, i cadaveri non gli bastarono più: aveva bisogno di gente viva.

Mary Hogan, prima e dopo la sua morte.

Mary Hogan aveva 54 anni ed era la proprietaria di una piccola taverna del posto. Secondo ciò che diceva la gente, Ed era solito recarsi in quella taverna dove si riunivano anche altri cittadini, suoi amici. Mary scomparve nel 1954 e nessuno ne vide più traccia. Durante quel periodo, Ed disse spesso ai suoi compaesani di aver preso lui Mary e che, però, donna stesse bene, e a casa sua: ovviamente non venne creduto e si ipotizzò uno scherzo. Anni dopo, quando Ed venne arrestato, confessò il suo omicidio.
L'aveva rapita e ammazzata con una calibro 32. Durante la perquisizione alla fattoria, venne ritrovata la testa di Mary in una valigetta.

Bernice Worden, la seconda vittima.

Nel 17 Novembre del 1957 Bernice Worden, commessa in una ferramenta, scomparve nel nulla. Quel giorno Ed si era recato lì per acquistare una latta d'olio, ma non ne uscì con quello che richiese. Vide un fucile in vetrina, una carabina calibro 22 e sparò alla nuca. Come suo solito fare con i corpi deceduti, la portò alla fattoria. Il figlio di Bernice, tornato da una battuta di caccia, andò nel negozio e quasi gli prese un colpo quando notó che il pavimento era tutto ricoperto di sangue: il sangue di Bernice.
Chiamò immediatamente la polizia locale e fece il nome di Ed Gein come primo e unico sospettato, poiché l'uomo nell'ultimo periodo si comportava in modo singolare e si recava spesso lì a parlare con la donna. Tra l'altro, venne trovato uno scontrino d'acquisto di latta d'olio, proprio quello che solitamente richiedeva Ed.
La polizia così si recò a casa dell'uomo, si divisero in due squadre e perlustrarono la macabra fattoria. Sgomento, terrore e disgusto percosse gli uomini che si ritrovarono faccia a faccia con quel cimitero vivente. Il corpo di Bernice venne ritrovato nel capanno, appeso, scuoiato e privo di testa e interiora. I resti del cadavere vennero ritrovati in casa avvolti in abiti da uomo, tra cui testa (riempita di chiodi), budella e cuore, avvolti entrambi da un sacco di plastica. Ora Gein non aveva scampo: era stato scoperto.

Il cadavere di Bernice Worden.

Ed venne ritenuto instabile mentalmente e quindi incapace di tenere un processo. Nello stesso momento, al processo, l'uomo disse una frase che sconvolse tutti i presenti e i suoi vicini:''Non ho mai ammazzato un cervo''. Ed, infatti, aveva spesso dato loro (ad amici e conoscenti) della carne da mangiare, dicendo che fosse, appunto, carne di cervo.
La fattoria, non si sa come, fu volta da un incendio, e quando Ed venne a saperlo rispose semplicemente:''Meglio così''.
Venne discolpato per infermità mentale e scampò così la sedia elettrica, vivendo il resto della sua vita in manicomio. 
A Edward Theodore Gein, in seguito, venne diagnosticato il cancro e il 26 luglio 1984 morì per insufficienza respiratoria.
Le vicende sconvolsero per sempre la cittadina di Plainfield e divennero famose in tutto il mondo. Ed Gein venne riconosciuto come uno degli assassini più efferati della storia.
A quei tempi non si era ancora parlato di assassini seriali e niente di simile era mai stato visto prima, o in televisione.
Fu così che si comprese che non ci si può fidare di nessuno, neanche dei cittadini con cui sei cresciuto da una vita... neanche dei tuoi vicini, o della tua stessa famiglia.

martedì 1 marzo 2016

Katherine Knight, killer - ll male generato dal male



Probabilmente non molto popolare a livello internazionale ma che fece assai scalpore, il dubbioso caso di Katherine Mary Knight è considerato uno dei più cruenti della storia del crimine, ponendo la donna tra le più efferate e squilibrate assassine di tutti i tempi. Nata nel 1956 a Tenterfield, in Australia, Katherine era la più giovane dei due figli nati dalla madre Barbara e dal suo nuovo compagno, Ken Knight. Costretta a subire molti traslochi e molti mutamenti in famiglia, subì la morte di suo zio, la persona oltre alla sua gemella a cui ella era più legata, il quale si suicidò nel 1969 togliendosi la vita. La Knight ne rimase totalmente devastata e asserì in futuro che lo spirito del beneamato zio andasse a trovarla di tanto in tanto. Il lutto di quell'uomo fu il prologo di una vita disturbante, dove ebbe vita anche il suo disturbo borderline della personalità. La situazione in ambito familiare non era delle migliori. Ken, suo padre, era un uomo molto aggressivo; alcolizzato e dall'indole violenta, commetteva frequentemente abusi sessuali sulla madre di Katherine, arrivando a violentarla dieci volte al giorno. Barbara, spinta dal dolore, si confidava con le sue figlie raccontando i dettagli degli stupri sottolineando quanto odiasse gli uomini e spingendo l'ultima a sopportare le costrizioni sul prendere parte a rapporti sessuali avute da suoi partner. Ciò fece nascere nella nostra protagonista, un desiderio di disinibizione, di appetito sessuale incontrollato e di odio nei riguardi della razza maschile. Katherine Knight fu vittima di stupri e vari abusi da parte di molti membri della sua famiglia, suo padre escluso, fino alla giovane età di undici anni. Studente modello a scuola, alternava mutando completamente in bulla con furie omicide: aggredì un compagno con un'arma e spinse un'insegnante a ferirla per legittima offesa. Lasciò la scuola precocemente all'età di 15 anni senza aver appreso le capacità di scrittura e lettura, rimanendo analfabeta. Ottenne il suo ''lavoro ideale'' come macellaia, lavoro svolto anche da suo padre, che la rese popolare in città per la sua ossessione per la scuoiatura degli animali e la sua collezione sopra il letto di set di coltelli. ''Saranno sempre a portata di mano se ne avrò bisogno'', disse la Knight.

 La transizione: da Vittima a Carnefice 


 Durante il matrimonio col primo marito, David Kellett, avvenuto nel 1974, Barbara avvisò l'uomo sul male che albergava in sua figlia:''Faresti meglio ad ascoltarmi o ti ammazzerà. Se proverai a giocare con lei o a tradirla, lei ti ammazzerà.''
E infatti, la prima notte di nozze la donna tentò di strangolarlo solamente perché lui esausto, dopo aver avuto tre rapporti consecutivi, si addormentò. Quanto è buffa a volte la vita. Gli atti più violenti e da riportare di quel tormentato matrimonio, furono tre: una sera Kellett ritardò nel rientro a casa e Katherine, infuriata, gli bruciò tutti i vestiti e con una padella colpì al collo l'uomo appena tornato a casa. David fuggì e stette in ospedale per tre giorni: riportò una frattura grave al cranio. Il giorno seguente Katherine venne avvistata mentre spingeva violentemente e lanciava in strada la carrozzina del suo ultimo figlio: in ospedale le diagnosticarono la depressione post partum. Dopo due mesi dall'ultimo accaduto, lasciò sua figlia Melissa sui binari di una stazione attendendo l'arrivo di un treno, la quale fortunatamente venne salvata prima della sua morte da un barbone. Isterica e accecata dal desiderio di ritrovare Kellett e riaverlo per sé, Katherine ne fece di tutti i colori: tagliò il volto di una donna, prese in ostaggio un ragazzo e lo minacciò col suo coltello al collo, progettò di ammazzare il benzinaio che aveva permesso a Kellett di partire e lasciarla, per poi ammazzare quest'ultimo e sua madre. Senza indugi, venne ricoverata in un ospedale psichiatrico. Kellett chiuse completamente ogni tipo di rapporto con questa donna, la quale si consolò in fretta adescando una nuova vittima: David Saunders. Come prova di ciò che gli sarebbe accaduto se avesse provato ad avere altre relazioni. Katherine tagliò la gola al suo cane dinanzi a lui per poi colpirlo con una padella. La donna addobbò la casa interamente di pelli di animali, forconi, machete, rastrelli e teschi e dopo una discussione al riguardo con il povero Saunders, lo colpì con un ferro da stiro prima di accoltellarlo allo stomaco con un paio di forbici. Quest'uomo scampò a una terribile fine, così come il penultimo compagno John Chillingworth.

John Price e Katherine Knight, in un periodo felice 
prima degli avvenimenti spiacevoli

Il matrimonio con John Thomas Price nei primi tempi andò a gonfie vele, ma qualcosa successivamente cominciò ad andar storto.
Dono una serie di assalti in cui la Knight accoltellò Price al petto, egli chiese alla corte di far sì che ella stesse lontana dai suoi figli e da lui. Katherine quel fatidico pomeriggio chiese a John di tornare a casa: se non avesse acconsentito, lei avrebbe tolto la vita ai suoi bambini. Non avendo altro da fare, accettò e le ultime parole che disse ai suoi amici furono:''Se non tornerò domani pomeriggio a lavoro, vorrà dire che lei mi avrà ammazzato.''
Price in casa non trovò né Katherine, né i suoi figli che erano stati mandati a dormire da un amico, così tornò a casa sua dove si addormentò davanti alla tv. La Knight quella sera aveva comprato e indossato nuovo lingerie nera e aveva videoregistrato tutto ai suoi figli per sua volontà, come una dimostrazione del crimine che avrebbe commesso ore dopo.
Si recò a casa dell'uomo e bussò alla porta; tentò l'uomo da grande manipolatrice ed ebbero una nottata di sesso, fino a quando lui non si addormentò.
Il giorno seguente, i vicini si preoccuparono vedendo l'auto di John ancora situata nel parcheggio e il suo datore di lavoro, non vedendolo arrivare, mandò qualcuno a casa per controllare la situazione.
La polizia fu avvertita dopo avvistamenti di sangue sulla porta di casa e arrivò ritrovandosi dinanzi a uno spettacolo raccapricciante.
Katherine era distesa sul letto in coma dopo aver tentato il suicidio a causa della somministrazione di troppe pillole, ma John...
Fu accoltellato con un coltello da macello durante il sonno ricevendo ben 37 colpi, soprattutto negli organi vitali: la furia dell'assassina era così potente e eccitante da non permetterle di fermarsi. Seguendo le tracce, John tentò di uscire varcando la soglia della porta, ma venne trascinato nuovamente dentro dove morì dissanguato.
Non essendo abbastanza soddisfatta, Kate ore dopo lo appese ad un gancio da macellaio sull'architrave con accanto i suoi genitali  e lo scuoiò vivo in maniera del tutto professionale; lo decapitò e tagliò parti della sua carne che cucinò e mangiò, per poi fare un breve riposino.
Lo tagliò a pezzi completamente e come ogni mattina preparò il pranzo: nella pentola che bolliva c'era la testa, che avrebbe accompagnato a suoi pezzi di carne messi nei piatti accanto a cavoli, verdure, patate, zucca, zucchine... tutto riservato a tavola ai figli di John.
Il tribunale la ritenne instabile mentalmente ma capace di intendere e di volere, motivo per cui venne condannata  all'ergastolo immediato senza possibilità di libertà condizionale e portata in carcere nell'Ottobre 2011, dove si trova tutt'ora.
Incolpare il disturbo borderline sarebbe alquanto sciocco, considerando che i disturbi di personalità non implicano atti omicidi e, cosa più importante, fanno di te una persona particolare, non necessariamente un assassino.
E' beffardo come una mente deviata possa essere l'autrice di un epilogo così grottesco.
Reduce da un'infanzia difficile che ha influenzato la sua crescita, Katherine Knight ha vissuto il dolore per poi arrecarlo lei stessa, è stata plasmata dalla medesima violenza subita: fu il male generato dal male.
E' proprio vero che la psiche umana è qualcosa di così singolare da stravolgere ogni teoria di comprensione.





martedì 26 gennaio 2016

L'inferno di Tomino- Il poema dannato


I giapponesi, si sa, sono da sempre abili narratori dell'intero panorama horror, nonché imponenti autori di pellicole e leggende da brivido. Un racconto tradizionale giapponese poco conosciuto in Italia e degno di essere citato è, per l'appunto, ''L'Inferno di Tomino'', più comunemente appreso come ''Tomino's Hell'' (in lingua originale Tomino no Jigoku).
Apparentemente di Yomota Inuhiko e contenuto nel libro ''The heart is like a rolling stone'', questo poema precedentemente faceva parte della 27esima collezione di poemi di Saijo Yaso, Gold Dust, datata 1919. 
                                                In foto, Saijo Yazo, 1931

Come tutte le leggende non si può sapere con precisione né come, né quando, né perché l'inferno di Tomino ebbe inizio, per poi manifestarsi in modo più concreto successivamente e dar vita a qualunque ipotesi.
Le voci asseriscono che ci fosse una sorta di singolare avvertimento riguardo al poema maledetto, voci preoccupanti e quasi da prendere sul serio, che avevano come unico scopo quello di dare un consiglio ad ogni lettore di turno:''Nel momento in cui leggerete questa poesia ad alta voce, cose tragiche accadranno e una maledizione si abbatterà su di voi''.
La poesia poteva esser letta in mente, ma, attenzione: mai a voce alta. 
Come forse volere iniziale del creatore, ci è stata riportata una raccapricciante spiegazione celata dietro quelle parole.
Tomino, che era una bambina (o bambino) disabile, scrisse questa misteriosa poesia e a causa di ciò, i suoi genitori timorosi, per punirla di tale atto la rinchiusero nella cantina di casa privandole di assumere cibo e acqua, fino a quando non la portarono alla totale morte. 
Successivamente, lo spirito di Tomino, senza pace, rimase intrappolato da quei versi fino a renderli infestati e maledetti; una volta ripetuti ad alta voce, come da rituale, la maledizione della povero Tomino si sarebbe abbattuta sulla nuova vittima, così come successe con i primissimi bersagli: i suoi stessi genitori. 
Il significato che si cela dietro questo canto sicuramente non sarà mai rivelato, ma l'interpretazione più attuabile vedrebbe Tomino in preda al dolore, nella sua discesa negli Inferi, tormentata fino all'ultimo spiro. Ci sarebbe da considerare l'ipotesi che la sorella di Tomino, a cui la fanciulla teneva particolarmente, avesse fatto una fine poco gradevole e la stessa Tomino, dopo aver assistito all'atto, l'avesse seguita incappando nell'Inferno;in secondo piano, sarebbe potuta essere proprio la sorella maggiore di Tomino, la carnefice di quest'ultima.
Se si analizza dettagliatamente verso per verso, il mero orrore risiede nella malinconia, nella macabra perdizione di uno spirito tormentato, nella più pura solitudine, nello smarrimento verso l'oblio di un'anima candida che, inspiegabilmente, si ritrova faccia a faccia con l'Oscurità e, con essa, il Caos.
Il poema dannato non è altro che l'eco delle lacrime che urlano attraverso l'Inferno.

''L'inferno di Tomino
La sorella maggiore vomita sangue, la sorella minore sputa fuoco, 
la dolce Tomino sputa gioielli preziosi.
Tomino morì sola e cadde all'Inferno.
L'inferno è avvolto nelle tenebre e anche i fiori non fioriscono.
E' la sorella maggiore di Tomino la persona con la frusta?
Il numero di segni rossi è preoccupante,
Frustata, picchiata, pestata.
Il sentiero per l'Inferno eterno è uno solo.
Mendicare per la guida nelle tenebre dell'Inferno
Dalla pecora d'oro all'usignolo
Quanto è rimasto nella borsa di cuoio
Prepararsi per il viaggio senza fine all'Inferno.
Arriva la primavera e nei boschi e nelle valli 
Sette giri nella valle oscura dell'Inferno
Nella gabbia è un usignolo, nel carrello una pecora,
negli occhi della dolce Tomino ci sono lacrime.
Piangi, usignolo, per i boschi e per la pioggia
intonando il tuo amore per tua sorella
L'eco delle tue lacrime urla attraverso l'Inferno
e i fiori rosso sangue fioriscono.
Attraverso le sette montagne e valli dell'Inferno, 
la dolce Tomino viaggia da sola.
Per darvi il benvenuto all'Inferno, 
le punte luccicanti della montagna agugliata
forano la carne e le ossa
come un segno... della dolce Tomino.''


La leggenda della Llorona


La Llorona è una figura leggendaria proveniente dall'America Latina, (associata alla reale storia de La Malinche) protagonista di una storia molto drammatica che tutti i nonni della regione avranno raccontato ai loro figli per lungo tempo.
Esistono molte variazioni, ma la storia più popolare narra di una bellissima e povera donna abitante di un antico villaggio, Maria, accecata dalla propria bellezza. Ella era talmente orgogliosa del suo aspetto a tal punto da ritenersi superiore a chiunque incontrasse, affermando che avrebbe sposato solamente l'uomo ''più bello del mondo''. Un giorno arrivò nel suo villaggio un uomo che pareva proprio quello dei suoi sogni, un ricco hidalgo, un focoso nobiluomo proprietario di un ranch e figlio di un ricco proprietario delle pianure meridionali. Bello, ammaliatore di donne (grazie anche alle sue serenate d'amore), dopo vari rifiuti da parte di Maria, riuscì a conquistare quest'ultima e a farla innamorare perdutamente. In poco tempo i due giovani si fidanzarono e, di seguito, arrivarono le nozze che portarono anche due figli.
Dopo pochi anni, l'uomo decise di tornare alla vita nelle praterie e tornava al villaggio solo per pochi mesi, curandosi unicamente della salute dei figli e non di Maria, la quale, orgogliosa, cominciò a provare grande ira e invidia nei confronti dei suoi bambini. L'uomo che amava l'aveva abbandonata e donava attenzioni solamente ad essi. Una sera, mentre la donna passeggiava con i suoi figli sulle rive di un fiume in Messico, l'hidalgo si presentò in una carrozza; accanto a lui vi era una donna, benestante e nobile, la sua nuova moglie. Parlò ai suoi figli ma non guardò nemmeno un attimo Maria e andò via.
Spinta dal dolore e dalla rabbia, gettò i suoi figli nel fiume e si rese conto di ciò che aveva fatto solamente quando scomparvero nel torrente. Tentò di raggiungerli e salvarli, ma fu troppo tardi: il giorno seguente venne trovata senza vita sulle sponde del fiume.
In un'altra versione dei fatti, più moderna, sposò un ricco hidalgo proprietario di varie fabbriche sul fiume. Durante la gravidanza bevve l'acqua del fiume e le nacquero due gemelli ciechi, perché il marito aveva inquinato il fiume con le sue fabbriche. Lui non la volle più, ritenendola colpevole della cecità e della malformazione dei suoi figli e sposò una donna ricca interessata alle sue fabbriche, così lei scaricò la sua rabbia sui suoi figli malati e si ammazzò nel fiume per il dolore.
La gente del posto la sotterrò proprio lì, dove era morta. Da quel giorno si dice che gli abitanti del villaggio vedessero la donna, vestita di bianco nei pressi del fiume, e la sentissero piangere per i propri figli e chiedere di loro. Non fu più uso comune chiamarla Maria: divenne la donna piangente, (The weeping woman) o più abitualmente, la Llorona. Da lì ad oggi si dice che la Llorona spazzi ancora le rive coi suoi lunghi capelli scuri, infilando nell'acqua le lunghe dita e dragando il fondo, in cerca delle anime perdute dei suoi bambini. Per questo motivo, i fanciulli non devono avvicinarsi al fiume di notte o uscire quando c'è buio, perché la Llorona, potrebbe scambiarli per i propri figli e portarli via per sempre, senza più restituirli.